“Senza una revisione del prezzo del latte, la zootecnia varesina, che ad oggi conta oltre 100 imprese, rischia di chiudere i battenti”. E’ secca la conclusione del presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori che, dalla federazione provinciale, denuncia “la crisi pesante di un settore che paga a caro prezzo l’incremento dei costi di produzione, ulteriormente lievitato nelle ultime settimane con i rincari del carburante e dei mangimi”.
Un problema comune a tutta la Lombardia, che ha spinto Coldiretti a chiedere, a livello regionale, la riapertura delle trattative sul prezzo del latte, rimarcando come – peraltro – la situazione dei mercati lattiero caseari si sia evoluta al meglio rispetto ai mesi scorsi, quando fu fissato il prezzo di 38 cent/litro per le consegne da giugno a settembre.
L’esempio concreto è dato dalle quotazioni del cosiddetto latte-spot italiano (quello venduto al di fuori dei normali contratti di fornitura), passate dai 34 centesimi dello scorso aprile ai 41,7 centesimi al litro di oggi a Lodi (piazza di riferimento per il nord Italia), mentre si è raggiunto il picco di 42,27 centesimi al litro per il tedesco e di 46,9 centesimi al litro per l’olandese.
“Va da sé che con 38 cent al litro le imprese non possono pensare ad un futuro tranquillo. E ciò che fa più male è che questo prezzo si moltiplica a dismisura per i consumatori quando comprano il latte o il formaggio nei consueti canali di distribuzione: è evidente che vi siano le condizioni per una maggior remunerazione degli allevatori senza intaccare il prezzo finale all’utenza”.
Il territorio prealpino è parte importante di una regione leader in Italia per il settore: la Lombardia, infatti, rappresenta circa il 40% della forza produttiva nel comparto lattiero caseario: un sistema che rischia di essere messo in crisi e che già ha pagato duramente la difficile e perdurante situazione che da tempo affligge il settore.
A parlare, del resto sono i dati: il numero dei produttori che consegnano ai cosiddetti “primi acquirenti” (cooperative e industrie) è diminuito di oltre il 60% negli ultimi 17 anni passando dai 13 mila del 1995 ai 4.912 di oggi, su un totale nazionale di quasi 32 mila”.
“Gli allevatori di Varese e provincia stanno pagando due volte le conseguenze della siccità estiva” aggiunge il direttore Francesco Renzoni.
“Innanzitutto, si è registrato un calo di produzione di latte fino al 15% e, nel contempo, il mancato approvvigionamento dei cereali andati persi nei campi ha obbligato ad comprare esternamente farine e mangimi, i cui prezzi hanno subito un incremento fortissimo”.
Anche Ismea ha rilevato come ad agosto le quotazioni dei cereali abbiano preso a crescere, sotto la spinta dei rincari delle commodities, registrando un incremento del 2,9% su luglio e del 4% su base annua: dati che vedono una crescita record del 10,1% per i cereali e, in particolare, del 15,2% per il granturco (una delle colture più colpite dalla siccità estiva nelle province di Como e Lecco, dove in molti campi si è perso il 50% dei raccolti).