12 Settembre 2018
CINGHIALI, NEL VARESOTTO E’ INVASIONE

VARESE – Oltre al danno, la beffa della burocrazia: e così il filo dell’esasperazione corre da un capo all’altro della provincia, tra campi devastati e raccolti da buttare. Quest’anno il flagello dei cinghiali ha colpito duro, con un bollettino che si aggiorna ogni giorno in un momento tra i più delicati della stagione, che coincide con la raccolta del mais. Ed è proprio questa coltura a subire i danni maggiori: laddove gli ungulati entrano nel campo, c’è poco da fare, con piante rase al suolo e pannocchie inservibili. Lo stesso per i prati a fieno, rivoltati più di quanto avrebbe potuto fare un aratro meccanico.

IL NODO DEI RISARCIMENTI E I RISCHI PER I CITTADINI
“Combattiamo contro le difficoltà della burocrazia e la lentezza dei rimborsi, ma anche contro i limiti di una legislazione profondamente ingiusta: alcuni danni non rientrano nemmeno tra quelli risarcibili e, oltretutto, c’è il problema del “de minimis” che considera il ristorno dato agli agricoltori colpiti come “aiuto di Stato”. Una cosa inconcepibile” commenta il presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori.
“Ma in ogni caso, il principio chiave, per i produttori agricoli, è il diritto a raccogliere quanto seminato, il diritto a lavorare e avere prospettive di impresa. Spetta alle istituzioni preposte creare le condizioni perché a ogni territorio sia assegnato un piano di abbattimento o prelievo efficace e che ne sia poi controllata l’effettiva ed efficace operatività”.
Non solo: “Il rischio per i cittadini che percorrono in auto le strade della nostra provincia è altissimo: molte tra le principali vie di traffico costeggiano le boscaglie dove questi ungulati trovano casa, e non è difficile immaginare l’entità di un incidente provocato da un cinghiale che si lancia in corsa sulla carreggiata. Si tratta, quindi, di trovare al più presto misure idonee per mettere in sicurezza i guidatori e preservare dallo spopolamento le aree svantaggiate dove il lavoro degli imprenditori agricoli è fondamentale per il presidio dei territori: più d’un’impresa è a rischio, per l’insostenibilità dei danni e l’impossibilità di proseguire, in questa situazione, il proprio lavoro”.

La difesa è dunque complessa, anche per la vastità del fenomeno, comune a tutte le province del settentrione lombardo e non solo: i cinghiali, insieme agli altri selvatici, mettono a rischio un ampio spettro di colture, con danni che raggiungono, anche per singoli casi, diverse migliaia di euro.  Qui devastazioni vanno dai vivai ai frutteto, alle ortive a pieno campo, agli impianti di piccoli frutti, alle vigne, alle leguminose, oltre alle oleoproteaginose e, come visto, ai prati e al mais da granella e insilato. Si sono addirittura registrate, da parte dei cinghiali, distruzioni di alveari.

LE IMPRESE AGRICOLE NON POSSONO ESSERE LASCIATE SOLE
Gli imprenditori agricoli, purtroppo, non si sentono tutelati: anche gli interventi di protezione sono complessi, come la recinzione elettrificata dei fondi più a rischio: “Si tratta di chilometri e chilometri di filo, interventi che le imprese non sono in grado di sostenere senza un aiuto adeguato. Il selecontrollo va certamente potenziato, con interventi che vedano fianco a fianco i cacciatori e gli imprenditori agricoli. Un’ulteriore beffa, in questo senso, è data dallo stop del Tar alle disposizioni di legge regionale che, riconoscendo il principio dell’autodifesa, avevano accordato agli agricoltori in possesso del porto d’armi e di tutti i necessari requisiti, la possibilità di intervenire direttamente sui loro fondi invasi dagli ungulati”.
Non solo: la presenza di una specie invasiva e senza antagonisti come il cinghiale è estremamente dannosa anche per l’equilibrio ecologico e ambientale: “Le imprese agricole sono le prime a difendere la natura, e a presidiare i territori dove vivono e lavorano. Volere il bene dell’ambiente significa, prima di tutto, adoperarsi per preservarne gli equilibri in modo intelligente, ponderato e attivo, contenendo una specie invasiva che non trova alcun antagonista naturale sul territorio e il cui sviluppo mette in crisi l’intero ecosistema dei nostri territori”.

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